La Città moderna e contemporanea
Palazzo Drago
Fu edificato nei primi anni del 1800, e fu poi venduto nel 1873 al Comune di Verzuolo che ne fece la sua sede fino al 1962. Attualmente ospita la Biblioteca Civica, una sala Polivalente ed un cortile circondato da portici dove si svolge la maggior parte delle iniziative della collettività verzuolese. Nel 1995 è iniziata la sistemazione del giardino adiacente, che ha preso il nome di Parco della Resistenza. Attualmente sono quasi terminati importanti lavori di ristrutturazione.
Photo: Lea Antonioletti
Codice della Divina Commedia
Il primo a scrivere sull'esistenza di questi frammenti di codice dantesco fu, nel 1898, Ferdinando Gabotto che, nell'ambito di un discorso più generale sullo stato dell'istruzione pubblica in Verzuolo, cita: " la presenza nell'Archivio Comunale verzuolese di due frammenti di un codice della Commedia del secolo XIV. Uno di questi frammenti costituisce il foglio di guardia - membranaceo - del volume degli Ordinati del 1603, e comprende quattro pagine, ciascuna su due colonne; l'altro serve da dorsale allo stesso volume. Le iniziali di ogni verso erano originariamente rosse ed azzurre, ma queste ultime, nelle pagine esteriori, sono attualmente diventate verdastre:
tutto il codice doveva essere assai elegante, sia per tali iniziali, sia per la nitidezza del carattere e la finezza della membrana. Il primo frammento comprende tutto il tratto del Purgatorio dal verso 38 del capitolo XXIII al v. 9 del c. XXVI; il secondo ha da una parte il tratto dal v. 120 del c. XXVIII al v. 20 del c. XXIX, dall'altra il tratto dal v. 118 di esso c. XXIX al v. 12 del c. XXX". Gabotto testimonia quindi dell'esistenza di due frammenti, uno di quattro pagine, ciascuna su due colonne, ed uno di due pagine, ciascuna su una colonna.
Gli studi filologici fino ad ora compiuti a proposito del codice verzuolese gli attribuiscono una datazione "verso il 1350" (Dante morì nel 1321) ed un "copista dell'Italia nord-orientale che abbia sott'occhio un esemplare dell'Italia media". Non si tratterebbe dunque certamente di un testo esemplato in Piemonte, purtuttavia l'interrogativo del come e perché vi sia giunto propone diverse ipotesi di risposta. Ferdinando Gabotto (..nel 1898) attribuì la presenza dei frammenti a Verzuolo allo studio di Dante compiuto nel Marchesato di Saluzzo nel XV secolo ad opera di Stefano Talice da Ricaldone…(Adriana Muncinelli e Paolo Pezzano sostengono l'ipotesi) di una lettura del manoscritto dantesco in epoca prossima alla sua stesura (fine del '300) per esempio presso qualcuna delle corti o delle famiglie più in vista del Marchesato…
I codici comprendono 12 pagine di frammenti…Lo stato di conservazione generale può considerarsi in complesso discreto, soprattutto se si considera la funzione di "guardia" ai volumi degli Ordinati e dei Conti, alla quale erano stati destinati (…nel 1603 alcuni fogli del codice, vennero usati come "copertina" ai volumi degli Ordinati e dei Conti). La scrittura è una minuscola gotica, che sia il Gabotto sia l'Egidi datano del secolo XIV…L'andamento grafico è abbastanza regolare ed elegante, con lettere nitide e, tenendo conto dello stile, poco angolose. L'inchiostro ha assunto col tempo una colorazione marrone. Le iniziali delle terzine (mm.5-6) sono maiuscole e alternativamente rosse e azzurre, ora queste ultime molto scure…
Attualmente il codice è visibile in copia fotografica (1:1) nel corridoio degli uffici del Municipio di Verzuolo.
Fonti: "I frammenti di Verzuolo", di Adriana Muncinelli e Paolo Pezzano, estratto dal BSSSAA della Prov. Di Cuneo, n° 106 - 1° semestre 1992 . Ft. A.C.V. Verzuolo
Filanda Ponte
Nella seconda metà dell’Ottocento sul nostro territorio c’erano ben otto filande, che lavoravano il raccolto di bozzoli della campagne circostanti, e tre filatoi, che occupavano 215 operai l’anno alla trasformazione della seta in organzino per i mercati di Torino e Lione.
Cartiera Burgo
"...Fu a Genova che nella scuola officina Thury, casualmente conobbi l'operaio bobinatore Tommaso Toesca. Anch'egli entusiasmato dalle crescenti pratiche applicazioni della nuova luce elettrica, mi domandò se non avrei potuto far sorgere un impianto della luce a Verzuolo, suo paese d'origine, allora illuminato da diciannove fanali a petrolio. Risposi al Toesca che avrei tenuto presente la richiesta; e, qualche tempo dopo, in occasione di un viaggio in Piemonte, lo invitai ad accampognarmi, per esaminare in loco la possibilità di un tale impianto...". L'ingegnere Luigi Burgo, così rammenta nei suoi "Ricordi" la motivazione della sua prima venuta a Verzuolo. Era l'anno 1898.
Burgo accompagnato dal Toesca arrivò a Verzuolo, fece un accurato sopralluogo anche nei comuni di Villanovetta e Manta, rendendosi conto delle reali opportunità economiche che un'eventuale distribuzione di energia elettrica avrebbero potuto offrire.
A Verzuolo, in quegli anni l'industria era presente con una fabbrica di falci, un moderno mulino a cilindri (di Fissore e Sandri, detto "mulin gros")e tre filande a seta di Chicco, Allasia e Keller. Esisteva anche un mulino più piccolo, detto "mulin cit", situato all'inizio del Paschero, vicino alla chiesa di Santa Maria della Scala; il proprietario era uno zio del Toesca che, resosi conto del grande interesse dimostrato dall'Ing. Burgo nei confronti del suo piccolo mulino, ne approfittò per venderglielo ad un prezzo molto più alto di quanto realmente fosse il suo valore.
Così iniziarono a Verzuolo, presso il "mulin cit" i lavori per la costruzione di una piccola centrale elettrica, alimentata da una turbina idraulica "Calzoni" e da macchinario elettrico "Thury". Il Toesca in quella occasione fu promosso capo officina.
Era l'anno 1902, Verzuolo sostituiva i fanali a petrolio con l'illuminazione elettrica. Nei due anni seguenti furono "illuminati" anche Villanovetta, Manta e Falicetto. Non passò molto tempo e Burgo constatò che i 70 HP prodotti dalla piccola centrale elettrica, durante il giorno rimanevano inutilizzati, pensando di usare in qualche modo questa energia, ma non sapendo ancora come, si rivolse al sindaco di Verzuolo, maggiore Galfrè, illustrandogli le molte possibilità di utilizzo che l'energia eccedente poteva offrire. Dopo qualche giorno, il sindaco riunì nel Municipio i maggiori esponenti della borghesia locale. Si avanzarono molte proposte, dal fabbricare concimi, ai bottoni, a materiali d'imballaggio, ecc. L'Ing. Burgo che qualche anno prima, durante una visita di lavoro presso la ditta Calzoni di Bologna, aveva appreso che un'azienda svizzera, la De Marsier, costruiva anche piccole macchine per produrre carta con la paglia, propose quindi, di costruire nel cortile del "mulin cit" una di queste macchine. La riunione si concluse con il consenso generale alla originale proposta dell'Ing. Burgo.
Era l'inizio del 1905, l'Ing. Burgo si recò in Germania a Warbruun presso la ditta Fullner, per chiedere informazioni su un'eventuale installazione di una piccola macchina continua a Verzuolo. A metà febbraio del 1905, Burgo offriva all'Ing. Cesare Augier, direttore delle Cartiere di Maslianico, l'incarico di progettare l'impianto di una piccola cartiera. Dopo qualche mese iniziarono i primi lavori di ristrutturazione del "mulin cit". Si costruirono nuovi locali situati nei prati, oltre il canale del Corso.
Il 21 giugno 1905 venne eseguito l'Atto Costitutivo della "Cartiera di Verzuolo - Ing. L. Burgo & C." Verso la fine dell'anno, la ditta tedesca Fullner aveva terminato i lavori di montaggio della prima macchina continua, lunga metri 35, con tela larga metri 1,85, velocità massima metri al minuto 150.
Il primo agosto 1906, La Cartiera di Verzuolo assumeva 56 dipendenti, tra cui 18 donne. In quella data il totale del personale addetto allo stabilimento, comprese le precedenti assunzioni iniziate già nel 1904, contava 76 dipendenti. Tra la metà e la fine di agosto 1906, con avvicendamento su due turni di 12 ore, iniziò la fabbricazione della prima carta monolucida (da impacco) verzuolese.
Casa Giriodi o "dei Portici Rossi"
Venne eretta nel 1668 dalla famiglia omonima, speziali (farmacisti) di Venasca, il cui stemma è ancor oggi visibile su uno dei capitelli delle colonne che sostengono il porticato, insieme con il motto: "SIT NOMEN DOMINI IESU BENEDICTU IN SEC".
Photo: Lea Antonioletti
Paschero
Largo corso pedonale, così chiamato perché in epoca medioevale era zona di libero pascolo. Numerose famiglie benestanti lasciarono la Villa, dove mancavano gli spazi per costruire abitazioni di maggiore ampiezza e respiro ed andarono a costruire, tra il 1600 ed i primi del 1900, le loro nuove dimore signorili lungo i margini del Paschero, dove in genere possedevano proprietà terriere.
Parrocchiale di Santa Maria della Scala
L’edificio venne eretto tra il 1737 e il 1790 in sostituzione di una precedente chiesa della seconda metà del Quattrocento. La facciata in cotto è divisa in due ordini e scandita da lesene e termina con un frontone sul quale è affrescata l’Assunzione di Maria Vergine, cui la chiesa è consacrata. L’interno è ad una sola navata, arricchita da pilastri compositi su cui corre un largo cornicione sul quale si innestano gli archi a tutto sesto delle volte. Davanti al presbiterio si innalza la cupola a mo’ di tiburio sormontata da lanterna.
Ex mulino Fissore e Sandri
Detto mulino “grosso”, esisteva già nel 1822; nel 1884 nacque la nuova ditta F.lli Fissore e Sandri che lo acquistò portando numerose innovazioni tra cui gli impianti a cilindri che aumentarono di molto la produzione: il mulino diventò uno dei più importanti della provincia e partecipò anche all’Expo di Parigi nel 1900.
Photo: Lea Antonioletti